Il risparmio annienta i diritti: Roberto Cherchi in trincea
Roberto Cherchi ha 29 anni: da quattordici è costretto su una carrozzina. È tetraplegico “per un tuffo al mare a Torregrande, una quelle fesserie che si fanno da ragazzini”, racconta. Una frase, la sua, che da sola toglie il fiato. Invece il grosso della sofferenza sono i diritti negati nella quotidianità. Un logorio lento che nemmeno si può immaginare, se non ci sei dentro. Roberto (nella foto con la mamma Barbara) è in trincea perché non riesce più ad avere, dal Servizio sanitario regionale, un tipo di catetere, della marca LoFric, modello Hydro-kit, “con sacca integrata, l’unico col quale sono riuscito a ottenere la giusta combinazione tra autonomia e confort”.
È successo che alla Assl di Oristano, l’azienda socio-sanitaria di riferimento essendo Roberto di Simaxis, hanno cambiato appalto. Roberto quello che su Facebook, e per gli amici, è anche Scudo, “perché Cherchi in sardo logudorese è cuercu, cioè quercia, e a me piace Scudo di quercia, un personaggio del romanzo Lo Hobbit“. Risate e malinconia, tutto insieme. “Sono talmente enormemente frustrato per quello che mi sta succedendo, indignato e incazzato per tutta questa enorme montagna di m…, che sto seriamente pensando di iniziare uno sciopero della fame. Lo vorrei fare solo per riottenere ascolto, giustizia e dignità. Nemmeno la disabilità mi ha mai ferito e umiliato quanto sono riusciti a fare il cinismo di talune persone e di una certa burocrazia”.
Roberto usa i cateteri Lofric da più di dieci anni. “Ma da gennaio sto avendo dei grossi problemi a farmeli rilasciare dalla farmacia territoriale, nonostante dovrei averne pienamente diritto”. La motivazione ufficiale per cui quel modello non gli viene dato più, è che “la gara d’appalto è stata vinta da un’altra ditta. La quale, però, produce un modello con cui non mi trovo bene. Anche perché la mia vescica è quella che in ambito medico viene definita iperattiva e quindi estremamente sensibile a ogni cambiamento”.
Già nel 2013 Roberto era riuscito ad avere i LoFric solo grazie a “un documento, redatto dall’urologa, nel quale, esplicitati i miei problemi, la dottoressa indicò quella marca come la più adeguata alla mia patologia. Stavolta, però, non riesco in alcun modo ad ottenere una dichiarazione simile, nonostante abbia ripetutamente provato a fare presente il problema anche al reparto di Unità spinale unipolare di Cagliari, all’ospedale Marino, dove vengo seguito sin dal 2004. E anzi, la mia insistenza sembra indisporre le dottoresse della farmacia territoriale di Oristano. Mi sono sentito persino dire frasi parecchio frustranti e sconvenienti. Tipo: ‘Si faccia mettere il catetere fisso’ o ‘Noi non mangiamo mica cateteri'”.
Oggi Roberto ha addirittura saputo che dalla farmacia hanno interrotto gli ordini dei LoFric e “io sono stato costretto ad acquistare una scatola dei medesimi cateteri pagandola coi miei soldi: 20 pezzi per 110 euro. Oggi mi chiedevo seriamente se ancora ci sia anche una sola persona in questo mondo a cui possa importare qualcosa di me, perché, sinceramente, io non ho più energie per combattere contro una società ri-fascistizzata. Un società in cui la logica del risparmio, certamente necessaria, smette di essere interesse generale e diventa pretesto che legittima l’annientamento del singolo”.
Roberto, che è revisore dei conti alla Fait, la federazione italiana paratetraplegici, ha già dovuto smettere di frequentare la facoltà di Scienze politiche, a Cagliari, per problemi con l’Ersu, l’ente regionale per il diritto allo studio contro il quale nel 2014 ha avviato una causa civile tuttora pendente. E quando era al secondo anno, solo a gennaio anziché a settembre Roberto riuscì a occupare una stanza alla casa dello studente. Quella volta il problema erano “le dotazioni insufficienti”, perché “‘la struttura di via Trentino mica è un ospedale’, mi dissero con sufficienza”. Ieri lo studio, oggi i cateteri. Vita in Sardegna delle persone con disabilità, dove nemmeno i diritti minimi sembrano garanti. Un orrore.
Articolo di Alessandra Carta