Trent’anni di impegno, per l’indipendenza personale, sociale e professionale
Tra le altre Associazioni impegnate sul fronte della disabilità che celebrano in questo 2018 un importante anzniversario – ricordiamo ad esempio i sessant’anni dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e i cinquanta dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) – a festeggiare il proprio trentennale vi è anche l’ADB (Associazione Disabili Bergamaschi), nata appunto nel 1988, per iniziativa di alcuni ex pazienti e operatori sanitari del Centro Fisioterapico di Mozzo (Bergamo), oggi Unità Operativa Complessa di Riabilitazione Specialistica dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Ospedale Papa Giovanni XXIII.
Aderente alla FAIP, la Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici che a propria volta aderisce alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), l’ADB è sorta con l’intento di perseguire tre obiettivi principali: sostenere le persone che, colpite da lesione spinale, si trovano a vivere una condizione di disabilità permanente; favorire la nascita in provincia di Bergamo di una struttura sanitaria ad alta specializzazione per la cura e la riabilitazione delle mielolesioni; operare in àmbito pubblico e privato per diffondere una nuova cultura della disabilità.
Dopo i primi dieci anni di vita, ed esattamente in corrispondenza del 1997 e di un nuovo Statuto, l’Associazione si è data ulteriori e più ampi obiettivi, quali aiutare le persone con lesione midollare nella fase del reinserimento familiare e sociale, supportandole – con gli strumenti più adeguati – a superare le difficoltà psicologiche e ambientali, dopo le dimissioni dalla struttura ospedaliera. Ma anche, più in generale, assistere le persone con disabilità nel necessario iter conoscitivo riguardante la legislazione e le normative vigenti in campo sanitario, civile, amministrativo e ambientale. E da ultimo, ma non certo ultimo, collaborare con l’Unità Spinale, diffondendo la più ampia e approfondita conoscenza delle terapie mediche e delle patologie delle persone con lesione midollare, tramite iniziative, conferenze, dibattiti.
L’elenco dei progetti da allora realizzati appare quanto mai fitto e di vario segno. Si va infatti dallo studio e dalla sperimentazione di utilizzo del telelavoro per persone con disabilità motoria, all’allestimento di un’aula informatica presso la sede di Mozzo; da un corso di inglese realizzato sia in aula che a domicilio, utilizzando la formazione a distanza, all’evento promosso nel 2004 e denominato Match, che si è proposto di interpretare e rappresentare, attraverso l’arte, la realtà delle persone con disabilità. E ancora, dal potenziamento dell’organizzazione e delle strutture gestionali per fornire un concreto supporto al reinserimento nel mondo del lavoro – in particolare tramite l’utilizzo di strumenti di Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione -, a una campagna di informazione al rispetto dei diritti delle persone con disabilità, innanzitutto con l’obiettivo di inviare gli automobilisti a non parcheggiare in uno spazio riservato.
Non va poi dimenticata la guida scaturita da un’indagine effettuata presso gli esercizi di ristorazione, i quali hanno partecipato a tale progetto accogliendo la richiesta di verifica e misurazione dell’accessibilità dei loro spazi, né tanto meno la valutazione – attraverso questionari e interviste – dei punti di forza e delle criticità all’interno del percorso vissuto dai pazienti dell’Unità Spinale di Mozzo, dopo il trauma, guardando al livello delle informazioni ricevute.
Più di recente vi è stato anche l’acquisto di un nuovo pulmino attrezzato per la guida e il trasporto di persone con disabilità e infine – altra iniziativa molto importante – dal 2008 l’ADB è presente, all’interno dell’Unità di Riabilitazione Specialistica di Mozzo, con uno sportello informativo aperto giornalmente, che affianca le famiglie delle persone con disabilità nelle varie fasi del percorso di cura, avendo sempre una particolare attenzione alla fase del reinserimento familiare e sociale.
«È un percorso – sottolineano dall’Associazione bergamasca – il cui fine ultimo è quello di ridare al paziente la sua indipendenza personale, sociale e professionale, una sfida importante e ambiziosa che dura ormai da anni».
È grazie soprattutto alle generose donazioni di enti, fondazioni e altri soggetti privati – va ricordato in conclusione – che l’ADB può disporre di attrezzature, attivare borse di studio, corsi di formazione e aggiornamenti professionali, così come continuerà ad accadere anche in futuro. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@adbbergamo.it.