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Studi sulle lesioni spinali: nuovi risultati?

I risultati dei test sui topi da laboratorio sono sorprendenti: le nanotecnologie hanno permesso di riparare interamente lesioni spinali croniche simili a quelle provocate nell’uomo da traumi accidentali.

"Rigenerazione di lesioni midollari croniche tramite l’impianto di bio-protesi composite nano strutturate": questo il titolo della ricerca presentata il 21 gennaio in anteprima mondiale a Roma presso l’Istituto Casa Sollievo della Sofferenza-Mendel.

La ricerca, realizzata da un team tutto italiano, è stata guidata dal Prof. Angelo Vescovi - Direttore Scientifico dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza Opera di San Pio da Pietrelcina, Direttore del Centro di Nanomedicina e Ingegneria dei Tessuti dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda e Professore associato di Biologia Applicata nell’Università di Milano-Bicocca - e dal Dr. Fabrizio Gelain.

Alla ricerca hanno collaborato l’Ospedale Ca’ Granda Niguarda, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, l’Istituto Casa Sollievo della Sofferenza – Mendel, il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, l’Università degli Studi di Milano, la University of Alberta – Edmonton, la University of California – Berkeley.

La ricerca evidenzia per la prima volta come, trapiantando nelle cavità della lesione spinale delleprotesi tubulari – delle vere e proprie guaine cilindriche costruite in laboratorio e riempite da materiali biologici di sintesi con funzione di supporto (scaffolds) – nano strutturate e bio-riassorbibili, sia possibile ricostruire il tessuto del midollo spinale in animali mielolesi. La protesi sarà gradualmente riassorbita fino a scomparire.

Una volta impiantati in modelli animali di lesioni spinali croniche, questi dispositivi supportano larigenerazione delle fibre nervose spinali. In altre parole mediante queste protesi si genera un nuovo tessuto, molto simile a quello originale, che sostituisce le cisti e cicatrici responsabili dell’interruzione degli impulsi nervosi, che è anche causa della paralisi e della perdita della sensibilità,determinando un importante recupero funzionale degli arti paralizzati.

"Abbiamo lavorato su un modello animale il più vicino possibile a quello di una normale sperimentazione clinica, ma prima di passare ai test sull’uomo c’è ancora molto lavoro da fare, anche con prove su un mammifero più vicino all’uomo", ha detto il Dr. Fabrizio Gelain.

La tecnologia utilizzata consiste in pratica nell’uso di minuscoli tubi costruiti in laboratorio con materiale biocompatibile e riempiti con una soluzione di proteine e farmaci capaci di stimolare la crescita delle cellule nervose.

Nel corso di un intervento di microchirurgia che richiede diverse ore, i tubicini, del diametro di 200 micrometri (circa il doppio rispetto a quello di un capello), vengono posizionati e adattati ai margini della lesione. Nel frattempo la soluzione di proteine e farmaci contenuta nei tubicini si auto-assembla assumendo l’aspetto di un gel e comincia a rilasciare i farmaci molto lentamente, stimolando la rigenerazione delle cellule nervose immediatamente vicine alla cicatrice provocata dalla lesione. Una volta che le cellule cominciano a moltiplicarsi, vengono guidate a svilupparsi all’interno del tubicinoche, nel tempo e a lesione riparata, sarà assorbito dall’organismo.
Negli animali le connessioni nervose sono state ripristinate interamente, compresa la guaina di mielina che avvolge i neuroni e permette la trasmissione dei segnali.

"Se farmaci, proteine o anche cellule staminali venissero semplicemente iniettate in prossimità della cicatrice si disperderebbero perché nessuna struttura le tratterrebbe in loco. Serviva qualcosa di nuovo dalla scienza dei materiali, per fortuna sono arrivate le nanotecnologie", ha detto il Dr. Gelain, che ha messo a punto il dispositivo, forte dell’esperienza vissuta negli anni passati negli Stati Uniti, presso il Massachusetts Institute of Technology.

"Siamo rimasti stupiti nel vedere che il nuovo tessuto nervoso sta ancora rigenerandosi – ha commentato il Prof. Angelo Vescovi – Sembra proprio che la bioprotesi inneschi processi di rigenerazione spontanea".

Il recupero motorio conseguito è di particolare rilevanza scientifica perché la lesione in cui si è intervenuti è di natura cronica, ovvero la fase più difficile da aggredire, poiché il danno è oramai consolidato ed il tessuto spinale degenerato è distrutto. Un intervento terapeutico in questo ambito necessita quindi di un approccio che permetta letteralmente di ricostruire il tessuto cerebrale che non esiste più, ristabilendo connessioni nervose simili a quelle che lo attraversano in origine.

In Italia vivono circa 100.000 mielolesi. L'epidemiologia e la letteratura scientifica affermano che ogni anno sul nostro territorio nazionale ci sono circa 1.200 nuovi casi di lesione midollare; cio' significa cheogni giorno, solo nel nostro Paese, almeno tre persone diventano para o tetraplegiche. Questo dato, per altro, e' analogo a quello di altri paesi della Comunita' Europea. Ogni anno quindi vi sono circa 3 - 4 nuovi casi di paraplegia ogni 100.000 abitanti. Circa la meta' di questi casi ha subito un grave trauma stradale, il 10% un trauma sportivo mentre nel 20% l'origine della lesione e' un infortunio sul lavoro o una caduta, nel 15% una malattia neurologica o altre cause ed infine nel 5% la causa e' stata scatenata da una ferita d'arma da fuoco o da tentato suicidio. Nel mondo vi sono circa 2.5 milioni di persone mielolese, con 130.000 nuovi pazienti ogni anno.  

Questi primi risultati aprono la strada all’utilizzo delle nanotecnologie per la ricostruzione del sistema nervoso centrale mediante l’uso di protesi nano-biotecnologiche.

Al momento sono in fase di sviluppo nuove protesi che combinano l’uso dei nano-materiali con terapie farmacologiche e cellulari, mediante l’uso di cellule staminali cerebrali umane, nella futura prospettiva di un eventuale uso nei pazienti paraplegici. La stessa tecnica è in fase di implementazione per sviluppare nuove bio-protesi per la rigenerazione di altri tessuti quali, ad esempio, pelle, cartilagine ed ossa.

Lo studio, presentato a Roma in anteprima mondiale, è stato pubblicato sulla rivista scientifica americana ACS Nano, pubblicata dall'American Chemical Society e che pone particolare attenzione alle nanotecnologie.